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«Ricetta anti-crisi? Più infrastrutture e settimana corta»

di Luca Davi

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Martedí 24 Febbraio 2009

«Rilanciamo le infrastrutture perchè solo così il settore siderurgico potrà davvero farcela». Giuseppe Pasini, 47 anni, dà la sua ricetta anti-crisi. E da presidente di Federacciai, l'associazione delle imprese italiane dell'acciaio, chiede anzitutto alle banche di mostrarsi più «comprensive» rispetto alle difficoltà del settore. Ma nel contempo apre le porte, oltre al ricorso alla cassa integrazione, all'utilizzo su larga scala di strumenti contrattuali a tutela dell'occupazione, come la settimana corta.
Partiamo dalle ultime novità. Il Governo ha messo sul tavolo gli aiuti, tra gli altri, al comparto dell'auto e degli elettrodomestici. È una misura che vi soddisfa?
Il pacchetto va sicuramente nella giusta direzione. Gli aiuti varati rischiano però di non essere sufficienti. Per questo bisogna rilanciare gli investimenti nelle infrastrutture, l'unica strada per dare fiato all'intero tessuto delle piccole e medie imprese, e non solo alla siderurgia. Su questo fronte, peraltro, dovrebbe esserci un consenso plebiscitario, anche da parte degli enti locali, che troppo spesso si oppongono con i loro veti alla sviluppo del territorio. L'impegno, invece, deve essere comune. Perchè solo così riusciremo a superare la crisi che ci sta colpendo.
Quali sono le vostre previsioni su questo fronte? Un colosso come ArcelorMittal, il numero 1 al mondo nella siderurgia, vede una luce in fondo al tunnel della crisi, forse già nel secondo semestre del 2009. Voi?
Se guardiamo al primo trimestre dell'anno, la situazione è deludente: il comparto siderurgico vedrà crollare la produzione del 30% a causa della frenata degli ordini. Le rilevazioni di Eurofer vedono d'altra parte un miglioramento nel secondo trimestre, con un calo del consumo apparente del 16% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Qualche ulteriore miglioramento potremmo iniziare a vederlo nel secondo semestre, ma è difficile fare previsioni su un arco temporale così lungo. Soprattutto in una fase complessa come quella attuale. Nella globalità, comunque, le nostre stime non cambiano.
Ovvero?
Per quanto il secondo semestre sia migliore del primo, il 2009 si chiuderà sicuramente in territorio negativo rispetto allo scorso anno.
Sarebbe il primo stop dopo anni di crescita a doppia cifra.
È così. Per fortuna sono stati anni in cui ci siamo rafforzati e patrimonializzati, quindi affrontiamo con serenità questa fase di difficoltà. Tuttavia, la fiducia da parte dei consumatori è molto più bassa e questo si riverbererà inevitabilmente sulla produzione siderurgica.
Il comparto ne soffrirà soprattutto a livello occupazionale.
Senza dubbio. Abbiamo già annunciato il ricorso alla cassa integrazione guadagni almeno per il primo trimestre dell'anno su circa 15mila addetti al settore. Una misura necessaria, alla luce del drastico crollo degli ordini. Non è escluso però che possano essere prese anche altre misure.
A cosa si riferisce?
Pensiamo ai contratti di solidarietà aziendali, che comportano la riduzione dell'orario di lavoro e della relativa retribuzione ma che, contemporaneamente, permettono di evitare il taglio dei posti di lavoro. Quella della settimana corta, soluzione recentemente introdotta da Cogne Acciai Speciali o da Alfa Acciai, potrebbe essere una scelta praticabile anche in altre realtà imprenditoriali. Noi di sicuro la incoraggeremo, anche perchè è la meno cruenta: nessuno ha piacere a ridurre i posti di lavoro. E poi chiediamo anche al sistema creditizio di sostenerci, perchè la crisi è tale che qualcuno, tra le società del comparto, rischia davvero di rimanere a terra.
Continua a pagina 15

Guardiamo all'estero. La politica neo-protezionistica di Barack Obama è stata subito oggetto di aspre critiche. Un piano "Buy american steel" vi spaventa?
Molto, ma non è praticabile - risponde Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai -. In passato ci aveva provato Bush a mettere i dazi sull'acciaio estero, ma era stato costretto a tornare sui propri passi ritirandoli. Ora ci riprova Obama. Non voglio sembrare irrispettoso, ma credo che quando un Paese fa del protezionismo l'unica leva per risollevare le proprie industrie, allora vuol dire che in campo ci sono davvero poche idee. E, comunque, qualsiasi eventuale decisione politica in questa direzione sarebbe impugnata.
Anche al di là delle scelte di Obama, l'America sta già importando meno acciaio dall'estero.
Esatto. E questo è il problema. Gli Stati Uniti hanno importato tra gennaio e novembre 2008 il 22% di acciaio in meno rispetto all'anno prima dall'Unione europea. E anche dai Paesi asiatici l'export verso gli Stati Uniti sta flettendo. La conseguenza è che la produzione di nazioni come Cina, Turchia e India rischia di riversarsi sul nostro mercato, con gravi potenziali rischi per le nostre aziende.
  CONTINUA ...»

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